Un anno fa Carlos Alcaraz era considerato da tutti la stella più luminosa dell’avvenire. Bazzicando tra le prime 40 o 50 posizioni al mondo e divertendosi di tanto in tanto a fare qualche scalpo eccellente, se ne stava lì pronto ad aspettare il momento buono per prendersi la scena, magari raccogliendo il testimone da qualche illustre collega (e connazionale) che in quei stessi giorni non sapeva davvero cosa ne sarebbe stato della sua carriera da atleta. Quello stesso collega che pochi minuti dopo averlo visto trionfare a Flushing Meadows nel giorno in cui ha vinto il primo slam in carriera, e soprattutto dove ha conquistato per la prima volta la vetta del ranking ATP, lo ha eletto indiscutibilmente a nuovo punto di riferimento del tennis mondiale, prefigurando per lui tante stagioni di successi. Rafa Nadal in fondo ne ha visti passare tanti di rivali e avversari che promettevano bene, ma che poi non hanno mantenuto. È lui però il primo a sapere che con Carlos sarà diverso, perché nell’anno in cui il tennis ha completamente rimescolato le carte, passando (forse) definitivamente dall’era dei Fab 3 a quella dei next gen (o millennials), nessuno ha saputo far meglio di Alcaraz, che s’è messo davanti persino a Nadal nella Race to Turin, la classifica dell’anno solare che porterà i migliori 8 al mondo (infortuni permettendo) a sfidarsi a Torino a metà novembre alle Nitto ATP Finals.
La vittoria in finale su Ruud, che evidentemente quando vede uno spagnolo in finale trova sempre il semaforo rosso (era successo anche con Nadal al Roland Garros), ha consegnato ad Alcaraz la prima posizione del ranking ATP, unico di sempre ad aver raggiunto la vetta prima di compiere 20 anni. È evidente però che la parabola del giovane murciano è soltanto all’inizio: Carlos è competitivo su tutte le superfici (forse ad eccezione solo dell’erba, ma avrà tempo per imparare), ha vinto tanto sul cemento quanto sulla terra, e soprattutto ha dalla sua tutta l’esplosività e la rapidità di un 19enne che spesso si ritrova a competere con avversari più vecchi di 10 o 15 anni. C’è un dato assai significativo per spiegare quanto oggi sia fuori portata per molti dei suoi rivali: nelle 9 partite in cui ha disputato il quinto set, 8 volte è uscito vincitore e una sola volta (contro Berrettini agli Australian Open) è uscito dal campo battuto. E nel 2022, l’anno che di fatto l’ha consacrato al mondo della racchetta, ha una percentuale di vittorie dell’85% (51 vittorie e 9 sconfitte). Viaggia a una velocità insostenibile per molti dei suoi avversari, ma soprattutto mostra ogni giorno che passa piccoli ma significativi miglioramenti. Ha attinto dai migliori, soprattutto fa Nadal, sua fonte d’ispirazione permanente: il tempo dirà se saprà superarlo o soltanto emularlo.