Calcio

Gravina: “Vivai e stadi: così cambieremo il calcio italiano”

Sembra una promessa, e magari lo è, ma è soprattutto una dichiarazione di intenti. “È giunto il momento di riformare il sistema”. Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, ha in mente da tempo la sua rivoluzione, ma c’è sempre qualcosa che lo blocca. La pandemia e le conseguenze economiche che ha innescato hanno accelerato questo processo solo nella mente di chi guida la massima istituzione del calcio italiano, ma adesso c’è bisogno di fatti: “Il calcio italiano – ha detto Gravina al Festival dello Sport di Trento – deve cambiare e non può rimanere immobile”.

Vediamo, allora, quali sono i due punti principali della riforma che ha in mente Gravina. Si basa principalmente su due asset, come ha ricordato: i vivai e gli stadi. Il primo punto è fondamentale anche dal punto di vista sportivo oltre che economico, affinché le due esclusioni consecutive dell’Italia del Mondiale siano un’onta irripetibile. “Pensiamo di aumentare il numero minimo di italiani per ogni rosa“, ha rivelato Gravina. Chissà se basterà. Per fortuna gli Azzurri hanno evitato la retrocessione nella Lega B di Nations League e, anzi, si preparano a giocarsi l’accesso alle Final Four in Ungheria: “Più che una ricostruzione rappresenta una progressione in quel progetto tracciato quattro anni fa – ha detto Gravina – Mancini valorizza tantissimo i giovani dando un esempio a tutto il calcio italiano”. Nella speranza che prima o poi qualcuno lo segua.

Il secondo punto è forse ancora più complicato da portare a termine: “Per gli stadi servono i grandi eventi”, ha ricordato Gravina. Appunto. E dunque serve l’appoggio della politica: “Siamo candidati a Euro 2032 ma la caduta del Governo ha rallentato il processo”. Le elezioni sono vicine, però. È ancora lontana, invece, ma non più di tanto, l’assemblea straordinaria del 21 dicembre: “A furia di veti incrociati non si riesce a portare avanti un progetto organico – chiude Gravina -. Per parlare di riforma, la mia proposta sarà di togliere il diritto di veto in capo a ciascuna società e componenti, i veti non permettono di trovare unità di intenti”.

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