Serie B

Perquisizione in casa Reggina: arriva la Guardia di Finanza

“La recente visita nella nostra sede della Guardia di Finanza, ci lascia estremamente tranquilli, il nostro approccio è orientato alla totale collaborazione e disponibilità ed i documenti richiesti non riguardano in nessun modo l’attuale società ma esclusivamente le gestioni precedenti”. Mostra tranquillità il presidente della Reggina, Marcello Cardona, rispetto alla perquisizione in sede operata dalla Guardia di Finanza, per un presunto credito fiscale – ritenuto fittizio – ricevuto da una società finita sotto inchiesta a Bari, con il quale il club, nell’aprile 2022, avrebbe compensato debiti tributari e previdenziali relativi ai periodi di imposta dal 2016 al 2020.
Il pm di Bari ha inviato la Guardia di Finanza ad acquisire tutta la documentazione utile alle indagini. Il credito presunto di oltre 703 mila euro è uno dei possibili reati di riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita che ha fatto scattare le indagini.

Nel mirino la vecchia proprietà della Reggina. Lo scorso maggio l’ex presidente degli amaranto Luca Gallo era stato arrestato con l’accusa di autoriciclaggio ed omesso versamento dell’IVA. La Reggina per alcune settimane era stata a un passo dall’esclusione del campionato di Serie B, finita sotto il controllo di una curatela fallimentare e, successivamente, salvata dall’attuale proprietà capeggiata da Felice Saladini.

Ma cosa rischia la Reggina nel caso in cui dovessero essere confermate le accuse mosse dalla Procura di Bari? In teoria la Reggina è la stessa società esistente all’epoca dei fatti contestati, la continuità aziendale, infatti, potrebbe determinare qualche strascico negativo all’attuale proprietà, considerato che i presunti fondi illeciti sono stati utilizzati, dalla vecchia proprietà, per pagare tasse e debiti.

In pratica, però, il patron Saladini non poteva sapere che quei crediti fossero inesistenti e della frode ai danni del fisco. Ecco perché l’ipotesi peggiore per la Reggina sarebbe quella di ritrovarsi a pagare i 700mila euro contestati.

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