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Ciclismo, la favola di Martina Fidanza

UN ANNO VISSUTO SULL’OTTOVOLANTE, CHIUSO COL SORRISO

Con quel nome è impossibile non amarla: la Fidanza…ta d’Italia del ciclismo in rosa, quella che riesce a superare le difficoltà che la vita gli ha messo davanti e andare a riprendersi una maglia iridata nello scratch che vale più di cento vittorie. Perché che Martina fosse di nuovo a battagliare un anno dopo il primo successo ottenuto a Roubaix era tutto, fuorché scontato: in mezzo ha visto con i propri occhi la paura di dover scendere per sempre dalla bici, perché se il Covid che l’aveva fiaccata subito dopo il titolo mondiale (e a suo papà Giovanni, ex corridore professionista, era andata peggio, con tanto di ricovero prolungato prima del lieto fine) poteva anche apparire come un normale incidente di percorso, l’aritmia cardiaca scoperta a dicembre l’aveva costretta ad andare di corsa sotto i ferri, con un intervento di ablazione resosi necessario per consentirle di correggere un piccolo difetto cardiaco (se ne era accorta faticando a recuperare dopo un grosso sforzo in allenamento).

E visto che al peggio non c’è mai fine, a marzo nel corso della Nokere Koerse (una corsa belga sul pavè) si era procurata la frattura delle vertebre L3 e L4, con conseguente ulteriore stop e lunga fase di riabilitazione. Il mondiale di St. Quentin ha rappresentato una rinascita in tutti i sensi, ma anche una chiara volontà di mettere una volta per tutte un punto su un’annata che definire complicata è poco.

L’URLO LIBERATORIO E QUELLA DIMOSTRAZIONE DI FORZA

Lo scratch è la sua gara e al 23enne bergamasca l’ha interpretata alla sua maniera, cioè tenendo tutte le rivali più insidiose sotto controllo per poi accelerare a un paio di giri dalla fine, lanciandosi in un assolo di rara potenza e bellezza. Vittoria che ha ribadito la capacità di Martina di gestire una delle corse più complicate del panorama della pista, ma che è servita anche per dimostrare al mondo intero quanta rabbia e furore agonistico ci fossero nelle sue gambe in coda a una stagione tanto difficile.

“La verità è che la gente si dimentica in fretta di ciò che uno ha fatto, e pertanto se non avessi vinto di nuovo chissà cosa avrebbero detto sul mio conto”, ha confessato in lacrime dopo aver superato il traguardo ed essersi lasciata andare a un urlo liberatorio. Sentiva di dover dimostrare qualcosa in più, la Fidanza, eppure a ben vedere non c’era davvero motivo di dubitare della sua forza. Con la conferma iridata ha aperto nel migliore dei modi la strada alla spedizione azzurra a un mondiale che promette scintille, con il quartetto dell’inseguimento maschile pronto a sfidare la Gran Bretagna per la medaglia d’oro (Ganna, Milan, Lamon e il rookie Moro, che dovrebbe lasciare spazio a Consonni) e quello femminile a caccia della finale nella semifinale contro l’Australia (Fidanza, Guazzini, Consonni e Balsamo).

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